Con la sentenza n. 509/2024, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Pescara ha concesso ad una società americana il rimborso della differenza tra la ritenuta sui dividendi corrisposti a società extra-UE, in costanza di Convenzione contro le doppie imposizioni ITA-USA (5%), rispetto a quella di norma applicata alle società residenti in un altro stato membro dell’UE (1,2%), poiché tale differente trattamento è stato ritenuto lesivo del principio di libera circolazione dei capitali ex art. 63 TFUE. Il caso La vicenda ha visto come ricorrente una società americana, detentrice di una partecipazione in una società italiana, che aveva percepito nel 2018 una somma a titolo di dividendi corrisposti al netto della ritenuta alla fonte pari al 5%, come previsto dall’art. 10, co. 2, lett. a), della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Stati Uniti. La società americana contestava l’applicazione dell’aliquota prevista dall’accordo internazionale in luogo della più favorevole aliquota pari all’1,2%, ex art. 27, co. 3-ter, del DPR 600/1973, applicabile ai dividendi distribuiti a soggetti fiscalmente residenti in uno stato membro UE o appartenente allo Spazio Economico Europeo (SEE). La suddetta società lamentava, infatti, che la disparità di trattamento riservato a società extra-Ue rispetto a quelle UE o appartenenti allo SEE era lesivo del principio della libera circolazione dei capitali e, come tale, incompatibile con la previsione di cui all’art. 63 del TFUE. Al contrario, l’Agenzia sosteneva l’insussistenza della lesione del predetto principio non ritenendo, nel caso de quo, equiparabili le circostanze relative a soggetti residenti e non residenti. Da ultimo, l’Amministrazione contestava, peraltro, che la società ricorrente non rivestisse la qualità di beneficiario effettivo dei dividendi. La decisione La CGT ha ritenuto fondato il ricorso da parte della società americana e ha riconosciuto il diritto al rimborso della maggiore ritenuta subita. A fondamento della propria decisione, i giudici di merito hanno richiamato un recente orientamento della Corte di Cassazione[1] relativo ad un caso analogo che coinvolgeva fondi d’investimento extra-UE, e hanno concluso - nello stesso senso - per la corretta applicabilità dell’aliquota ridotta ex art. 27, co. 3-ter (1,2%) anche per i dividendi percepiti da soggetti fiscalmente residenti in paesi terzi, in ragione del rispetto del principio di libera circolazione dei capitali di cui all’art. 63 TFUE. A tal riguardo, la Corte di Giustizia dell’UE ha più volte ribadito[2] che le indebite restrizioni ai movimenti di capitali “comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal compiere investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di detto Stato membro dal compierne in altri Stati”. Per altro verso, vero è che talune misure incompatibili con l’art. 63 TFUE, possono essere giustificate solo attraverso le eccezioni previste dall’art. 65 TFUE, tuttavia - continua la Corte - tale ultima disposizione deve essere interpretata in maniera restrittiva nel senso che non deve “costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all'art. 63”[3]. Nel caso di specie, dunque, i giudici di merito, non ritenendo sussistenti le cause di giustificazione previste dall’art. 65 TFUE, hanno concluso affermando che la disparità di trattamento operata nei confronti della società americana configurasse una concreta lesione del generale principio di non discriminazione e della libertà di circolazione dei capitali. Da ultimo, la CdG di Pescara ha ritenuto debitamente provato e documentato il requisito di beneficiario effettivo[4] da parte della società ricorrente, sancendo, pertanto, che non vi fossero cause ostative all’applicazione della più favorevole norma di diritto interno. La sentenza in commento si pone in linea di continuità con altre pronunce della Corte di Giustizia UE con le quali viene rimarcata l’importanza di interpretare le disposizioni convenzionali (e domestiche) in modo conforme ai principi di diritto europeo, prassi che in alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, sembra sfumare per lasciare spazio al prevalente interesse economico sotteso alla potestà impositiva. Stante l’interesse che la sentenza in commento è destinata a suscitare tra gli operatori, con particolare riferimento a dividendi distribuiti negli ultimi anni dall’Italia a società extra UE (USA, UK, etc.) è presumibile che altre pronunce seguiranno a quella in commento, così da restituire linfa vitale a principi fondamentali che sembrano essersi persi nel modus operandi dell’Agenzia. L.A. G.A. [1] Cfr. Cass. n. 21481/2022. [2] Cfr. tra le altre Corte di giustizia UE, C-190/12 e C-575/17. [3] Cfr. Corte di Giustizia UE, C-464/2014. [4] Beneficiario effettivo è il soggetto che, in base a un'analisi sostanziale e non meramente formale, risulta avere la reale disponibilità giuridica ed economica del provento percepito, superando il c.d. “test tripartito”. Cfr. Cass. n. 26923/2024.