La Corte di Giustizia UE, con la pronuncia relativa alla causa C-601/2023 del 19 dicembre 2024, ha espresso il principio di diritto stante il quale l’articolo 63 TFUE osta all’applicazione di una normativa nazionale in forza della quale la ritenuta applicata sui dividendi percepiti da una società residente equivale ad un acconto d’imposta e viene interamente rimborsata ove l’esercizio chiuda in perdita fiscale, rimborso invece non previsto qualora i dividendi siano percepiti da una società non residente che versa nella medesima situazione. Il caso Nell’anno d’imposta 2017, una società residente nel Regno Unito percepiva dividendi da parte di una società partecipata residente in Biscaglia, scontando alla fonte la ritenuta nella misura ridotta del 10%, come previsto dalla Convenzione contro le doppie imposizioni Spagna-Regno Unito. La società britannica, nell’anno 2021, chiedeva all’Erario spagnolo il rimborso della predetta ritenuta, giustificando la pretesa per il fatto che si trattava di un’entrata indebita. Vedendosi respingere la richiesta, la società presentava ricorso alla Corte superiore di giustizia dei Paesi Baschi, giudice del rinvio, per le seguenti motivazioni: In ragione di ciò, la società lamentava il contrasto della normativa spagnola con la libera circolazione dei capitali ex art. 63 TFUE. La decisione Con la pronuncia in esame, i Giudici europei hanno censurato la normativa in commento per l’ingiustificata disparità di trattamento riservato ai dividendi distribuiti in favore di società non residenti in perdita fiscale, sulla scorta delle seguenti argomentazioni. Preliminarmente, la Corte ricorda come nell’alveo delle misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrittive dei movimenti di capitali, rientrino altresì quelle tali da dissuadere i non residenti dal compiere investimenti in uno Stato membro o i residenti di detto Stato dal compierne in altri Stati. Conseguentemente, il trattamento fiscale (più) sfavorevole riservato da uno Stato membro ai (soli) dividendi percepiti da società estere, rispetto a quello applicabile, in analoghe condizioni, a soggetti residenti, deve ritenersi tale da ingenerare una indebita restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’articolo 63 TFUE.[1] Nel caso di specie, le società detentrici di partecipazioni in una società stabilita in Biscaglia scontano, relativamente al trattamento fiscale dei dividendi loro distribuiti, due regimi impositivi differenti in dipendenza dallo status di soggetto residente. In maggior dettaglio, i dividendi distribuiti da una società stabilita in Biscaglia ad altra società residente sono assoggettati ad una ritenuta, a titolo di acconto d’imposta, pari al 19%, interamente rimborsabile ove l’esercizio della percettrice chiuda in perdita fiscale. A parità di condizioni, il predetto trattamento non trova invero applicazione nel caso di distribuzione deliberata in favore di una società estera in perdita, scontando, quest’ultima, una ritenuta alla fonte a titolo definitivo. Sulla base delle suesposte considerazioni, la Corte ha dunque concluso, ritenendo “la normativa [spagnola] tale da procurare un vantaggio alle società residenti in perdita, [derivandone] quantomeno un vantaggio di tesoreria, se non un’esenzione, laddove le società non residenti siano assoggettate a tassazione immediata e definitiva, a prescindere dal loro risultato d’esercizio”. La sentenza in esame consente alcune riflessioni circa l’effettiva portata discriminatoria della normativa domestica confrontata con quella spagnola ritenuta tale dalla Corte. Sotto tale aspetto, infatti, la legislazione italiana sembrerebbe porsi in linea di continuità con la legge “Foral”, dal momento che la distribuzione dei dividendi operata interamente su suolo nazionale non sconta alcuna ritenuta sugli stessi, ritenuta tuttavia applicata in caso di distribuzione dei dividendi a soggetti extra-UE. Inoltre, il meccanismo delle ritenute - a titolo d’imposta e a titolo d’acconto - è il medesimo che si legge nel diritto spagnolo e quindi, un prelievo definitivo nel primo caso (su un ammontare che è già di per sé “positivo” a nulla rilevando la situazione patrimoniale del percipiente), e una anticipazione dell’imposta sui redditi che giustifica l’eventuale rimborso ex art. 38 del D.P.R. 602/73, nel secondo. Per altro verso, la pronuncia in questione, avendo previsto per le società estere in perdita la possibilità di chiedere a rimborso somme ritenute a titolo definitivo sulla distribuzione di dividendi, potrebbe aprire le porte verso pratiche fiscali dannose, consentendo la costituzione di società (in perdita) su territori extra-UE finalizzata all’esclusivo trasferimento di liquidità (dividendi) che, di fatto, non sarebbe poi soggetta ad alcuna forma impositiva. L.A. G.A. [1] Cfr. Corte UE, sentenza C 575/17 del 22 novembre 2018, Sofina e a.