Ritenute convenzionali subordinate al superamento del test tripartito comprovante lo status di beneficial owner

Con la sentenza n. 26923, emessa il 17 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha confermato il principio di diritto in forza del quale, ai fini dell’applicazione delle più vantaggiose ritenute convenzionali, spetta in prima istanza al contribuente provare lo status di beneficiario effettivo del reddito percepito, rimettendosi, solo in seguito al comprovato superamento del test tripartito, l’onere all’Amministrazione finanziaria di dimostrare la sussistenza di una costruzione artificiosa.

Il caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato nei confronti di una società residente relativamente al trattamento fiscale riservato ai compensi corrisposti a titolo di royalties in favore di società lussemburghesi detentrici dei marchi dalla stessa, utilizzati nell’ambito della propria attività alberghiera. Nello specifico, l’Ufficio negava l’applicabilità della ritenuta ridotta prevista dall’art. 12 della Convenzione Italia-Lussemburgo, sull’assunto che il beneficiario effettivo fosse da indentificare non già nelle società estere percipienti (considerate mere conduit dotate di una struttura minimale), bensì in una società statunitense (esercitante sulle stesse funzioni di controllo).

A fronte di ciò, il sostituto d’imposta proponeva ricorso dinanzi alla competente Corte di Giustizia Tributaria, trovando parere favorevole in entrambi i gradi di giudizio. In particolare, secondo i giudici di merito, la documentazione prodotta dalle società lussemburghesi doveva ritenersi sufficiente a dimostrare lo status di beneficiario effettivo in capo alle stesse e, per l’effetto, a legittimare l’applicazione dell’aliquota convenzionale ridotta (10%), in luogo del più gravoso prelievo a titolo d’imposta del 30%, di cui all’art. 25, comma 2, del DPR 600/73.  Gravava dunque sull’Ufficio l’onere, non assolto nelle more del giudizio, di provare che le società localizzate in Lussemburgo fossero delle mere società conduit, attraverso le quali le royalties venivano retrocesse ad altro soggetto effettivo beneficiario.

L’Agenzia proponeva, pertanto, ricorso per Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della Convenzione Italia-Lussemburgo, nella misura in cui la Corte di seconde cure aveva ritenuto non provata la retrocessione delle royalties ad un soggetto diverso da parte delle società lussemburghesi.

La decisione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate sancendo la legittima applicabilità, nel caso di specie, delle ritenute convenzionali.

A sostegno delle suesposte conclusioni, è stata richiamata la clausola cui fa espresso rinvio la disposizione pattizia in esame, in forza della quale può “fruire dei vantaggi garantiti dai trattati solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro Stato contraente che abbia la reale disponibilità giuridica ed economica del provento percepito”.

Sulla scorta di ciò, la Corte è giunta a ribadire il principio di diritto stante il quale “è onere della società contribuente provare la propria qualità di beneficiario effettivo (…), superando a tal fine tre test, autonomi e disgiunti, che, in rapporto alla fattispecie concreta, prendono in considerazione dei ‘parametri spia’ o ‘indici segnaletici” e segnatamente,

  • il substantive business activity test, diretto a riscontrare lo svolgimento di un’effettiva attività economica da parte della società percipiente, escludendo la sussistenza di una costruzione artificiosa;
  • il dominion test, volto a dimostrare la capacità di disporre liberamente dei flussi reddituali percepiti;
  • il business purpose test, finalizzato ad analizzare le motivazioni che giustificano la deviazione del flusso reddituale, al fine di accertare se la triangolazione dei pagamenti risponda a valide ragioni economiche, diverse ed ulteriori rispetto al mero risparmio d’imposta.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto soddisfatti congiuntamente i tre test, avendo la contribuente prodotto in giudizio ampia documentazione utile a comprovare come le società lussemburghesi svolgessero un’attività economica effettiva, disponendo liberamente delle royalties senza obblighi di retrocessione a terzi.

La pronuncia in esame, uniformandosi all’orientamento giurisprudenziale più recente[1], ribadisce la rilevanza assunta dal test tripartito anche ai fini dell’interpretazione della clausola pattizia del beneficiario effettivo, non più confinato al solo contesto delle direttive europee.

G.A.


[1] Cass. n. 32840/2018; Cass. n. 6005/2023; Cass. n. 6050/2023; Cass. n. 23628/2024.

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