Con l’ordinanza n. 28801, emessa l’8 novembre 2024, la Corte di Cassazione, nel conformarsi ad un recente orientamento nomofilattico, ha ribadito il principio di diritto in forza del quale, in presenza di un obbligo convenzionale incondizionato, il diritto alla detrazione per le imposte assolte all’estero deve riconoscersi al contribuente fiscalmente residente, a prescindere dalla presentazione di una valida dichiarazione dei redditi in Italia. Il caso La vicenda trae origine dall’istanza di rimborso avanzata da una cittadina italiana con riferimento ai redditi di lavoro dipendente dalla stessa prodotti all'estero nel periodo d’imposta 2010. In particolare, l'istante riferiva di avere regolarmente versato le imposte all'estero e al contempo subito in Italia le trattenute da parte dell'Agenzia Giornalistica Italiana (AGI), nella qualità di sostituto d’imposta, per la quale operava come corrispondente estero. Sulla scorta di ciò, la contribuente nel 2014 avanzava formale istanza all'Agenzia delle Entrate per ottenere il rimborso delle menzionate somme ex art. 165 del TUIR, pur avendo omesso di presentare la relativa dichiarazione dei redditi in Italia. A fronte del silenzio-rifiuto manifestato dall’Amministrazione finanziaria, la contribuente vedeva accogliersi il ricorso proposto dinanzi alla competente commissione tributaria provinciale, con sentenza confermata nel secondo grado di giudizio. Avverso la pronuncia d'appello, l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, lamentando, per quanto qui di rilievo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 165, commi 1 e 8, del TUIR, sul presupposto che la citata disposizione subordinasse la spettanza alla detrazione dell'imposta assolta all'estero alla regolare presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia, nel caso di specie omessa dalla contribuente per l’annualità attenzionata. La decisione La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sancendo la legittimità del diritto della contribuente alla fruizione del credito d’imposta per le imposte già assolte all’estero. A fondamento della decisione, i giudici di legittimità hanno richiamato un recente orientamento nomofilattico[1] in base al quale “l'obbligo incondizionato, previsto dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, di detrarre, entro determinati limiti, dall'imposta da versare al fisco italiano l'imposta già versata nello Stato estero, si applica anche nel caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella stessa, in quanto la norma interna (art. 165, comma 8, Tuir) non può legittimamente limitare l'efficacia precettiva delle norme internazionali pattizie o porsi in contrasto con esse, come sancito dall’art. 117, co. 1, della Costituzione”. In questi termini, a parere della Corte, verrebbero altresì a deporre l'art. 75 del D.P.R. n. 600/1973 e l'art. 169 del TUIR, i quali attribuiscono alle norme interne carattere di cedevolezza rispetto alle norme internazionali pattizie più favorevoli al contribuente. La sentenza in esame assume un significativo rilievo per i lavoratori italiani all’estero, giacché riafferma la sostanziale importanza delle Convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni, riconoscendo il pieno diritto al tax credit indipendentemente dall’assolvimento (o corretto assolvimento) degli obblighi dichiarativi in Italia. G.A. [1] Cfr. Cass., sez. V, n. 24205/2024; Cass., sez. V, n. 24189/2024; Cass., sez. V, n. 24160/2024.