P2P lending: ritenuta 26% preclusa per il co-gestore della piattaforma

Con la risposta ad interpello n. 196/2024 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ai confini applicativi del regime agevolato introdotto dalla Legge di Bilancio 2018 per i proventi derivanti da finanziamenti erogati tramite piattaforme di peer to peer lending (P2P lending).

Il caso

Il P2P lending o prestito tra privati è una forma di finanziamento alternativo rispetto al canale bancario e ai mercati regolamentati, attraverso la quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme online, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto.

Sotto il profilo fiscale, in forza delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017)[1], i proventi derivanti da tali investimenti sono qualificati redditi di capitale (ex art. 44, co 1, lett. d-bis, del TUIR[2]) e assoggettati, in luogo della tassazione IRPEF progressiva, ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 26% applicata dal gestore della piattaforma, ove ricorrano le seguenti condizioni:

  • il prestatore del denaro sia una persona fisica al di fuori dell’attività d’impresa;
  • la piattaforma sia gestita da un intermediario finanziario o istituto di pagamento autorizzato dalla Banca d’Italia, ai sensi degli articoli 106 o 114 del TUB​.

Nel caso di specie, la società istante, istituto di pagamento iscritto all’albo di cui all’art. 114-septies del TUB, riferisce di aver concordato  con  la società Alfa la co­gestione di una piattaforma di P2P secondo il seguente schema contrattuale  (i) Alfa opererà come “gestore primario” della Piattaforma, “fornendo ai Finanziatori e ai Richiedenti una serie di servizi propedeutici alla conclusione dei contratti di finanziamento” e (ii) l’istante si occuperà della gestione fiscale (effettuazione e versamento delle ritenute) dei proventi derivanti dagli investimenti ivi effettuati dai “soggetti finanziatori non professionali”.

In questo ambito, l’istante domandava se il suo ruolo di co-gestore della Piattaforma permettesse di inquadrare l’operazione tra quelle previste dall’art. 44, co. 1, lett. d-bis) del TUIR, consentendo così l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta.

La risposta dell’Agenzia

Nel richiamare precedenti documenti di prassi[3], l’Amministrazione ha ribadito che, in assenza dei suesposti requisiti bancari in capo al gestore primario della piattaforma, i proventi da P2P, esulando dall’alveo applicativo della ritenuta al 26%, devono essere inquadrati nella lett. a), del comma 1, dell’art 44, del TUIR, in quanto riconducibili al contratto di mutuo ex art. 1813 del c.c..

Sulla scorta di tali premesse e dell’analisi contrattuale espletata, l’Agenzia delle Entrate ha espresso parere negativo con riferimento al quesito in esame, sottolineando il carattere meramente eventuale e facoltativo della prestazione di servizi resa dall’istante, in quanto subordinata alla volontà degli utenti della piattaforma.

In conclusione, non è stato possibile qualificare la società istante come gestore della piattaforma ai fini della normativa del P2P lending, escludendo così l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta sui proventi generati dagli investimenti effettuati tramite la stessa.

AI fini della corretta applicazione della norma agevolativa, i gestori delle piattaforme dovranno quindi prestare particolare attenzione al proprio status giuridico e al rispetto delle disposizioni del TUB, poiché solo un intermediario finanziario regolarmente autorizzato potrà fungere da gestore della piattaforma e da sostituto d’imposta per l’applicazione della ritenuta del 26% a titolo di imposta da applicare ai proventi generati dai finanziamenti P2P.

L.A.


[1] Introdotta dai commi 43 e 43 dell’art. 1 della Legge n. 205/2017.

[2] Ai sensi dell’art. 44, co.1, lett. d-bis): “i proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending) gestite da società iscritte all'albo degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da istituti di pagamento rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 114 del medesimo testo unico (…)”.

[3] Cfr. Risoluzione n. 56/E/2020 e risposte ad interpello n. 168/2020 e 687/2021.

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