Cumulabilità del regime degli “impatriati” e dei “neo-residenti”

Con la risposta ad interpello n. 159/2024, l’Amministrazione ha fornito parere positivo relativamente alla possibilità per il contribuente, a partire dal periodo d’imposta 2024, di applicare per un ulteriore quinquennio (art. 5 decreto Crescita) il c.d. “regime degli impatriati” (art. 16, d.lgs. n. 147/2015), nonostante al 31 dicembre 2019 il lavoratore non beneficiasse del predetto regime speciale pur avendone i requisiti, in quanto fruiva del regime fiscale per “neo-residenti” di cui all’art. 24-bis del TUIR.

Il quesito

Nel caso trattato dalla risposta, l’istante cittadino italiano dichiarava: (i) di essere stato residente negli Stati Uniti per oltre 10 anni, di essere rientrato in Italia ad aprile 2019 e di aver usufruito del regime per neo­residenti di cui all’art. 24­bis del TUIR, dal 2019 al 2021; (ii) di aver revocato l’opzione per il predetto regime, fruendo così del regime speciale per lavoratori impatriati (art. 16, d.lgs. n. 147/2015, di seguito “regime impatriati”) per i periodi di imposta 2022 e 2023 e (iii) che, a novembre 2022, aveva acquistato un immobile di tipo residenziale.

Sulla base di tale situazione, l’istante chiede la possibilità di applicare i benefici del regime impatriati per un ulteriore quinquennio, a partire dal 2024 (tramite opzione ex art. 5, co. 2­bis, d.l. n. 34/2019, di seguito “decreto Crescita”) anche se nel periodo d’imposta 2019 ha fruito del regime fiscale di cui all’art. 24-bis TUIR (di seguito “regime dei neo-residenti”).

L’istante ritiene di poter beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati per un ulteriore quinquennio con esercizio dell’opzione per la proroga dello stesso, sulla scorta delle seguenti motivazioni:

  • era rientrato in Italia nel periodo di imposta 2019 e, al 31 dicembre dello stesso anno, possedeva i requisiti per beneficiare sia del regime impatriati, che del regime per neo­residenti;
  • al 31 dicembre 2019, non beneficiava del regime speciale per lavoratori impatriati, in quanto aveva optato per il regime dei neo­residenti, ma rispettava comunque tutti i requisiti per l’applicazione del regime speciale in esame, applicato successivamente per gli anni 2022 e 2023;
  • con riferimento alla preclusione di cumulabilità dei due regimi, la circolare n. 17/E/2017 prevede che “il divieto di cumulo, tuttavia, non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d’imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme”. Conseguentemente, l’applicazione del regime speciale per gli anni 2022 e 2023 avrebbe rispettato l’alternatività rispetto al regime fiscale di cui all’art. 24-bis TUIR.

Il parere dell’Agenzia

Secondo l’Amministrazione, il co. 2-bis dell’art. 5 del decreto Crescita ha previsto la possibilità di estendere il periodo di fruizione del regime impatriati, anche a coloro “che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 147/2015”.

Tale disposizione, in sostanza, consente alle persone fisiche che hanno trasferito la residenza in Italia per svolgervi attività di lavoro e che abbiano beneficiato del regime impatriati, di poter optare per l’estensione del medesimo regime, previo versamento di un importo che varia a seconda dalla presenza di uno o più figli e, in ogni caso, fermo l’obbligo di acquisto di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia.

D’altronde, l’art. 1, co. 154, della legge n. 232/2916, stabilisce che il regime speciale di cui al citato art. 16 non è cumulabile con gli effetti dell’opzione di cui all'articolo 24­bis del TUIR. Tuttavia, tale disposizione prevede che “le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia ai sensi dell’art. 2, co. 2, possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva (…) dei redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’art. 165, co. 2, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’art. 2, co. 2, per un tempo almeno pari a nove periodi d'imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione”.

Inoltre, la circolare n. 17/E/2017 ha chiarito che i regimi agevolativi “rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d'imposta”, in quanto il divieto di cumulo previsto dalla norma “non esclude l’ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d'imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. Ciò nella considerazione che un soggetto che sceglie un regime fiscale di vantaggio può fare affidamento, avendone i requisiti, su altro regime agevolativo che viene introdotto nel nostro ordinamento in un momento successivo alla scelta effettuata”.

In sostanza, un contribuente in possesso dei requisiti richiesti dalle rispettive norme che, al rientro in Italia, esercita l’opzione per il regime di cui al citato articolo 24­bis del TUIR può, nei periodi d'imposta successivi, revocare tale opzione ed accedere (nel rispetto di ogni altra condizione) al regime speciale per i lavoratori impatriati nonché applicare tale regime speciale per gli ulteriori periodi d’imposta previsti dalla normativa di riferimento.

L’Agenzia, pertanto, conclude stabilendo che i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020 possono prolungare l’applicazione del regime speciale per ulteriori periodi di imposta esercitando l’opzione di cui al co. 2­bis dell’art. 5 del decreto Crescita, anche se, pur possedendo i requisiti per l’applicazione del regime impatriati nel periodo d’imposta 2019, non ne hanno concretamente fruito avendo esercitato l’opzione di cui all’articolo 24­bis del TUIR.

Considerazioni finali

Il d.lgs. 27 dicembre 2023 n. 209, rubricato “attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”, ha completamente rivisitato il regime degli impatriati per effetto della riscrittura dei requisiti oggettivi e soggettivi.

Relativamente al quadro normativo esposto dall’Agenzia delle Entrate, merita osservare che l’art. 5, co. 9 del citato decreto legislativo n. 209/2023 prevede che:

“Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati l'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, e l'articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58”.

Con tale disposizione, la nuova disciplina, per espressa previsione normativa, abroga la regolamentazione contenuta nell’art. 16 del d.lgs. n. 147/2015 con cui era stato introdotto il regime speciale per i lavoratori impatriati. In un prossimo futuro, sarà interessante osservare l’orientamento che si andrà a formare sia nella giurisprudenza, che nell’Amministrazione in merito all’impatto delle modifiche sostanziali apportate al sopracitato regime.

L.A.

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