Lo schema di decreto legislativo recante la riforma del sistema sanzionatorio tributario e penal-tributario, approvato in via definitiva il 24 maggio 2024 dal Consiglio dei Ministri (c.d. decreto sanzioni), ha apportato sostanziali modifiche al Dlgs n. 74/2000, costituente la principale normativa in tema di reati tributari. Tra le molte novità, il decreto sanzioni prevede, all’art. 1, co. 1 lett. g), nuove cause di non punibilità delle fattispecie delittuose in materia di versamenti, secondo quanto previsto dai nuovi artt. 10-bis, ter e quater. Degna di nota è, innanzitutto, la causa di non punibilità introdotta dal nuovo comma 2-bis dell’art. 10-quater secondo il quale: “La punibilità dell’agente per il reato di cui al comma 1 è esclusa quando, anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito”. Trattasi di una causa speciale di non punibilità dell’indebita compensazione tramite crediti non spettanti, che opera al ricorrere di condizioni di obiettiva incertezza sugli specifici elementi o sulle particolari qualità che fondano la spettanza del credito. Rilevante per la valutazione del giudice sulla sussistenza dell’esimente è anche la complessità tecnica dei processi valutativi che sottendono la presunta spettanza del credito. L’esimente chiaramente si riferisce alle sole indebite compensazioni mediante crediti non spettanti, non contemplando quelle mediante crediti inesistenti. A livello di coordinamento con altre fattispecie scriminanti, occorre segnalare, in prima istanza, come la fattispecie di non spettanza del credito possa beneficiare, ferma la ricorrenza dei relativi presupposti (pagamento integrale del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento), della causa di non punibilità ex art. 13 co. 1 Dlgs 74/2000. In secondo luogo, può osservarsi un’indubbia complementarità tra la nuova esimente e la causa di non punibilità ex art. 15 dello stesso Dlgs (riferita a “violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione”). E’ stato tuttavia lo stesso legislatore delegato ad escludere una sovrapponibilità delle disposizioni, dal momento che la relazione illustrativa riporta quanto segue: “non interferisce con l’articolo 15 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (Violazioni dipendenti da interpretazione delle norme tributarie), né con i principi stabiliti in relazione all’articolo 5 del codice penale dalla nota sentenza 364/88 della Corte costituzionale, non incidendo sul tema delle condizioni qualitative della fattispecie obbiettivamente controverse, ma limitandosi a stabilire una regola di giudizio che è mera espressione di specificazione del canone “in dubio pro reo” . Ulteriori cause di non punibilità vengono introdotte dai nuovi commi 3-bis e 3-ter di cui all’art. 13 del Dlgs n. 74/2000. Il nuovo co. 3-bis, infatti, dispone che: “I reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi”. Dalla nuova esimente, quale ipotesi riconducibile al genus delle cause di forza maggiore, si coglie come le ragioni della crisi devono essere sopravvenute all’effettuazione delle ritenute (nel caso dell’art. 10-bis) ovvero all’incasso dell’iva (nel caso dell’art. 10-ter). Dunque, per far valere la non punibilità ai sensi del nuovo comma 3-bis, il giudice dovrà considerare l’inesigibilità dei crediti da parte dell’autore per una delle seguenti cause: Per quanto riguarda la seconda condizione posta dalla norma (non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi) sembrerebbe che la sua sussistenza debba essere contemporanea a una delle tre precedenti. Se questa fosse l’interpretazione corretta della norma, per invocare la non punibilità all’autore dell’omesso versamento viene richiesta una doppia allegazione documentale: la prima riguarda i propri clienti (accertata insolvenza, sovraindebitamento, mancato pagamento della PA), la seconda invece riguarda il responsabile stesso, che dovrà documentare in qualche modo la non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi. In merito, invece, al nuovo comma 3-ter, esso prevede che: “Ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del Codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: La nuova norma ha quindi la funzione di introdurre appositi criteri valutativi della causa di non punibilità correlata alla particolare tenuità del fatto. Prima dell’intervento riformatore, infatti, l’applicazione della scriminante ai reati tributari era ancorata alle regole generali previste dal Codice penale (circostanza che comportava criticità nell’adattamento alle fattispecie penal-tributarie). Per quanto concerne infine l’entrata in vigore delle nuove norme, si segnala che il decreto sanzioni, all’art. 5, si è limitato a prevedere espressamente il differimento delle innovazioni sulla disciplina sanzionatoria amministrativa (le modifiche ai d.lgs. 471 e 472 del 1997 si applicheranno infatti alle violazioni commesse dopo il 1° settembre 2024). Relativamente alle fattispecie in commento, nel silenzio del legislatore, deve quindi ritenersi che troveranno applicazione anche per i procedimenti in corso, dal momento che si tratta di previsioni più favorevoli rispetto a quelle vigenti. L.A.