Prima dell’introduzione dell’art. 166-bis del TUIR la determinazione del valore fiscale attribuibile agli assets dei complessi aziendali trasferiti dall’estero in Italia era riservata all’Amministrazione Finanziaria, secondo la quale il valore applicabile – valore storico o valore corrente – dipendeva dal regime vigente nel Paese di provenienza. L’Agenzia applicava: Questa lacuna normativa è stata colmata dal legislatore con l’introduzione dell’art. 166-bis del TUIR che prevede una disciplina differenziata a seconda che il trasferimento avvenga da Paesi white o black list: Alcuni dubbi interpretativi sono sorti, però, con riferimento all’applicabilità dell’art. 166-bis del TUIR all’ipotesi in cui una società controllata estera già assoggettata alla disciplina delle CFC trasferisca la propria residenza fiscale in Italia. Il dubbio concerne il valore fiscale da attribuire alle attività/passività della società divenuta residente: se queste debbano, cioè, essere assunte in misura pari al valore di mercato (ex art. 166-bis) o in continuità con i valori già presi a riferimento ai fini dell’applicazione del regime di trasparenza determinati sulla base dei dati di bilancio. Disciplina CFC L’attuale versione dell'art. 167 del TUIR prevede l’imputazione in capo al soggetto residente di tutti i redditi del soggetto controllato non residente qualora quest’ultimo: Trasferimento in Italia di una società controllata estera assoggettata al regime CFC Nel caso di controllata estera, assoggettata al regime CFC, che trasferisca la propria residenza fiscale in Italia, ci si domanda quale sia il regime applicabile alle attività/passività della società trasferita: Avvalorandosi della tesi della continuità dei valori, si potrebbe affermare che lo status fiscale di una CFC sia assimilabile a quello di una società estera che sia titolare di una stabile organizzazione in Italia in cui siano confluite tutte le sue attività e passività: in entrambi i casi i beni sono già inseriti nel circuito impositivo italiano, cosicché potrebbe prevedersi l’esclusione dell’applicazione del criterio del valore di mercato di cui all’art. 166-bis del TUIR. Questa impostazione, adottata dall’Amministrazione finanziaria, è coerente con la ratio dell’art. 166-bis del TUIR che valorizza beni che entrano nella prima volta nel circuito impositivo italiano. La correttezza di questa impostazione viene però messa in dubbio da due considerazioni: Sarebbero quindi utili, oltreché auspicabili, ulteriori chiarimenti per andare incontro a quei contribuenti che hanno già posto in essere comportamenti contrastanti con le interpretazioni fino ad ora fornite dall’Amministrazione finanziaria. [1] Il decreto internazionalizzazione ha modificato la lett. a), dell’art. 167, co. 4 del TUIR, prevedendo che debbano essere considerati residenti in Paesi a fiscalità privilegiata i soggetti controllati esteri sottoposti ad una tassazione effettiva inferiore al 15%, in linea con l’IIR prevista dalle GloBe rules. A tal fine, il livello di tassazione è calcolato sulla base del rapporto tra: (i) la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel bilancio d’esercizio del soggetto controllato esteroe (ii) l’utile ante imposta risultante da tale bilancio.