Con la risposta 330/2023 del 22 maggio scorso, l’Agenzia delle Entrate descrive in maniera organica la disciplina dei compensi reversibili, superando alcune incertezze che erano sorte in passato in base alla risposta 167 del 25 maggio 2019. Come noto, i compensi reversibili sono i compensi percepiti da un dirigente di una società controllante, per l’incarico di amministrazione svolto presso una società controllata. Dal momento che il dirigente già percepisce un compenso “complessivo” per il lavoro svolto, tali compensi vengono versati dalla controllata direttamente alla controllante (oppure, a volte, corrisposti al dirigente che li ritrasferisce alla casa madre. La questione in esame ha da sempre sollevato una molteplicità di problematiche date dalla peculiarità della fattispecie che coinvolge più soggetti, con regimi fiscali differenti, e, spesso, più giurisdizioni. Si tratta di incertezze che tradiscono una certa difficoltà nell’inquadrare la stessa natura del compenso. Sono imponibili in capo al dirigente, entro che limiti? In capo alla società erogante sono deducibili per cassa (come normali compensi di amministratori) o sono deducibili per competenza (come un normale pagamento intercorso tra due società). La questione si complica ulteriormente nei rapporti internazionali: qual è la qualifica di tali proventi? Sono gettoni di presenza o redditi di impresa? Sono imponibili nello Stato della fonte con conseguente obbligo di ritenuta. La recente risposta 330/2023 ha il pregio di intervenire su tali questioni dirimendo in parte le incertezze che caratterizzavano la materia (sotto certi profili vengono recepiti alcuni approdi della giurisprudenza intercorsa negli ultimi anni). Alla luce della risposta e delle sentenze più recenti è ormai possibile fornire un quadro sufficiente chiaro della disciplina in questione. In primo luogo, la risposta chiarisce che difettando del presupposto del possesso del reddito (articolo 1, Tuir), l’amministratore non è tenuto a versare alcuna imposta, sia egli residente o meno. Peraltro, con riferimento al regime italiano, vi sono anche delle norme specifiche all’interno dell’art. 51 che escludono la rilevanza reddituale di tali compensi in capo al dirigente. In secondo luogo, tali compensi sono deducibili per competenza (Cassazione, sentenza 22479 del 16 ottobre 2020). Tali compensi rappresentano, ai fini convenzionali, utili delle imprese, regolati dall’articolo 7 del modello OCSE di Convenzione. Di conseguenza, in assenza di stabile organizzazione, essi non sono imponibili nello Stato della fonte e nessun obbligo di ritenuta grava sulla società erogante. E’ esclusa la qualificazione del compenso in questione come gettone di presenza dell’amministratore imponibile anche nello Stato della fonte ai sensi dell’art. 16 del modello OCSE di Convenzione. Tale ultima precisazione riveste particolare importanza in quanto, in base ad un’analisi contenuta nella precedente risposta 167/2019, i compensi reversibili avrebbero dovuto essere ricondotti all’art. 16 del modello OCSE citato. Ad ogni modo, le conclusioni raggiunte da tale documento di prassi devono essere ragionevolmente essere considerate come affermazioni peculiari date dalla specialità della fattispecie esaminata. Si trattava di un caso particolare di un soggetto italiano operante in Spagna per la controllante italiana. Egli aveva percepito dei compensi per l’attività svolta a favore di una controllata spagnola. In base alla legislazione spagnola i compensi in questione erano stati soggetti a ritenuta in Spagna (pur venendo poi riversati alla casa madre italiana). Come evidenziato in dottrina, nel caso specifico l’Agenzia delle Entrate aveva riconosciuto la potestà concorrente della Spagna ex art. 16 del Modello OCSE nell’ottica di permettere il recupero del credito di imposta ex art. 165 TUIR. Al di là delle specificità delle fattispecie esaminate in quest’ultima risoluzione, deve ritenersi che l’Agenzia delle Entrate, con la recente risposta 330/2023 abbia fornito un quadro chiaro e coerente della fattispecie, utile agli operatori per orientarsi nella prassi.