La bozza di legge finanziaria circolarizzata in questi giorni contiene una interessante disposizione relativa alla tassazione delle plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate, realizzate da soggetti non residenti. In sintesi, la disposizione prevede l’imposizione in misura pari al 5% delle plusvalenze su partecipazioni in società italiane realizzate da società ed enti commerciali Ue/SEE, laddove sussistano i presupposti per l’applicazione della PEX ex art. 87 TUIR. La modifica normativa in questione recepisce un recente orientamento della Corte di Cassazione in forza del quale la non applicazione della PEX alle plusvalenze realizzate da società non residenti rappresenterebbe una violazione della libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali (cfr. Cass. n. 27267/2023 e n. 21261/2023). Il vigente quadro normativo, quindi, non risulta coerente con l’art. 49 del TFUE che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro dell’Ue nel territorio di un altro Stato membro. Si tratta di una norma di grande interesse teorico, ma di impatto pratico limitato. Ad ogni, le Convenzioni stipulate dall’Italia prevedono la tassazione esclusiva delle plusvalenze su partecipazioni nello Stato di residenza del cedente. Le Convenzioni che non prevedono tale esenzione sono relativamente limitate: ad esempio, Francia, Cina, Corea del Sud, per le partecipazioni oltre il 25%, ed Israele per le partecipazioni oltre il 10%. Sono inoltre necessarie alcune riflessioni in merito ai presupposti applicativi della norma: cessione di una partecipazione qualificata e residenza UE/SEE del cedente. In astratta teoria, il riferimento ad una partecipazione qualificata non sarebbe sufficiente ad eliminare la violazione delle libertà unionali sancita dalla Corte di Cassazione. L’art. 87 TUIR garantisce la PEX, in presenza dei requisiti, a tutte le partecipazioni, a prescindere dalla soglia di possesso. Dunque, per non determinare una violazione del diritto unionale, il medesimo regime andrebbe garantito anche con riferimento ad una partecipazione non qualificata. Ad ogni modo, in pratica, la scelta del legislatore è determinata dal fatto che, nei fatti, le plusvalenze non qualificate sono già detassate/non territorialmente rilevanti per normativa interna. Ciò a condizione che si tratti di partecipazioni quotate (art. 23 comma 1 lett. f) del TUIR) o non quotate residenti in Stati che garantiscono lo scambio di informazioni. A ciò occorre aggiungere che le Convenzioni sopra citate che prevedono la tassazione concorrente dell’Italia si applicano solo con riferimento a partecipazioni superiori a determinate soglie. In questo senso, probabilmente il legislatore ha ritenuto che una possibile violazione delle libertà unionali fosse possibile solo con riferimento alle partecipazioni qualificate. Maggiori dubbi suscita la limitazione dell’agevolazione alle partecipazioni UE/SEE. Come detto, l’art. 87 non subordina l’applicazione della PEX ad alcuna soglia partecipativa. Secondo la giurisprudenza costante della CGUE, laddove la norma interna che genera la discriminazione si applichi a prescindere da una soglia partecipativa, si determina una violazione della libertà di circolazione dei capitali. La libertà di circolazione dei capitali è riconosciuta anche ai soggetti non UE/SEE. Dunque, al fine di rimuovere la discriminazione il legislatore avrebbe dovuto riconoscere la PEX anche ai soggetti non UE/SEE. In tale contesto, dunque, come già evidenziato da alcuni commentatori, nonostante il nuovo intervento normativo, permarrebbe una discriminazione per le plusvalenze realizzate da soggetti non UE/SEE. La disposizione in esame contiene peraltro una specifica disciplina per il trattamento delle eventuali minusvalenze. Secondo la bozza di legge di bilancio, infatti, “[l]e plusvalenze di cui alla lettera c) del comma 1, dell'articolo 67, diverse da quelle di cui al comma 4 del presente articolo, per il 5 per cento del loro ammontare, sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l'eccedenza è riportata in deduzione, fino a concorrenza del 5 per cento dell'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate”. In ragione della collocazione testuale della modifica, che andrebbe a modificare l’art. 68, TUIR, non è peraltro chiaro se tale norma si applica solo con riferimento alle plusvalenze qualificate dei non residenti o anche a quelle dei residenti. Il dubbio sorge in quanto la bozza prevede, come detto, che tale norma relativa alle minusvalenze si applica alle plusvalenze realizzate dai soggetti non residenti in presenza dei requisiti PEX. Tuttavia la norma non precisa se tale norma si applica “anche” o “soltanto” a tali plusvalenze.