Estensione PEX a società non residenti prive di stabile organizzazione

26 Luglio 2023
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Con la sentenza n. 21261 del 19 luglio 2023 la Corte di Cassazione sembra sancire l’applicabilità della PEX sulle plusvalenze realizzate da società estere prive di stabile organizzazione in Italia, sempreché siano soddisfatti tutti i requisiti prescritti (cfr. art. 87 del TUIR). Ciò alla luce dei principi comunitari in tema di libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali (artt. 49 e 63 TFUE).

Per le società ed enti non residenti senza stabile organizzazione in Italia, l’art. 151 comma 3 del TUIR prevede che il reddito imponibile italiano sia individuato quale sommatoria dei redditi determinati secondo le disposizioni del Titolo I, relativo all’IRPEF, stabilite per le singole categorie (redditi fondiari, di lavoro autonomo, di lavoro dipendente, ovvero redditi diversi). Nell’ambito di tali norme non è ricompreso l’art. 87 TUIR.

Dunque, la società residente non potrebbe in linea di principio beneficiare del regime PEX, con riferimento alle plusvalenze su partecipazioni di fonte italiana. Queste sarebbero da qualificare come redditi diversi di natura finanziaria assoggettati ad imposizione sostitutiva del 26%.

Nella maggior parte dei casi, il problema ha un impatto pratico limitato. Infatti, la maggioranza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni prevedono la non tassazione in Italia delle plusvalenze in esame realizzate dai soggetti non residenti.

Vi sono tuttavia alcune convenzioni che prevedono la potestà impositiva concorrente dello Stato di residenza e dell’Italia, come ad esempio, a determinate condizioni, quella stipulata con la Francia.

Tale situazione è suscettibile di generare una violazione della libertà di circolazione dei capitali.

Tale violazione non si verifica laddove il contribuente possa beneficiare nel proprio Stato di residenza di un credito di imposta, sulla base della Convenzione stipulata con lo Stato della fonte (cfr. CGUE, C-379/05, Amurta).

Tale credito di imposta, tuttavia, non è sufficiente a evitare la distorsione laddove per qualunque ragione il soggetto non residente non possa in concreto scomputare l’imposta estera. Ciò si verifica appunto nel caso della Francia, ove, essendo le plusvalenze in esame esenti in base al diritto interno, il credito di imposta non è riconosciuto.

Nell’attuale contesto, quindi, la cessione di partecipazioni in società italiane effettuate da società comunitarie e tassate anche in Italia in base alle Convenzioni possono essere gestite con l’indicazione diretta in dichiarazione della tassazione nel limite del 5% (per i soggetti con maggiore propensione al rischio), o con la tassazione con imposta sostitutiva del 26% e successiva richiesta di rimborso (soluzione adottata dai ricorrenti della sentenza in commento).

Per completezza, l’art. 87 TUIR permette l’applicazione della PEX, in presenza dei requisiti, a prescindere dalla partecipazione detenuta. Tale circostanza, secondo la giurisprudenza costante della CGUE, determina che, in tale ipotesi, la parità di trattamento dei soggetti non residenti sia garantita dalla libertà di circolazione dei capitali (non dalla libertà di stabilimento).

Come tali, le conclusioni della sentenza in questione dovrebbero essere applicabili anche ai soggetti non UE.

F.N.

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