L’enunciazione di un finanziamento soci nell’ambito di un verbale di assemblea non sconta l’imposta di registro ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. n. 131/1986 (“TUR”) se, per effetto della rinuncia alla restituzione del capitale e alla percezione degli interessi, cessano gli effetti dell’atto enunciato. Tale principio è stato recentemente affermato dalla Corte di legittimità nell’ambito della Cass. sent., sez. V, n. 3841 dell’8 febbraio 2023. Ai sensi dell’art. 22 c. 1 del TUR, infatti, “[s]e in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene la enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate”. Nondimeno, ai sensi del secondo comma della disposizione in esame l’imposta non si applica ai contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso enunciati nel caso in cui “gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell'atto che contiene l'enunciazione”. La tassazione nel caso di enunciazione risulta quindi subordinata al ricorrere di tre presupposti: I Giudici di legittimità, nell’ambito della sentenza in commento, esaminano in dettaglio predetti presupposti applicativi in relazione ad un finanziamento soci il cui credito restitutorio è stato rinunciato dal socio in sede assembleare e, pertanto, confluito nel verbale di assemblea. In merito al primo requisito, secondo la Corte, occorre domandarsi se la norma in commento comporti l’estensione dell’applicazione dell’imposta di registro ad atti che, in forza degli artt. 1 e 2 del TUR, non vi sarebbero soggetti o se, al contrario, la norma sull’enunciazione si limiti ad attrarre a tassazione solo gli atti che, in virtù della loro natura, sarebbero stati comunque soggetti ad imposta. La questione si porrebbe in particolar modo in relazione ai contratti verbali (come nel caso esaminato dalla pronuncia) e ai contratti che, seppur stipulati per iscritto, siano soggetti a registrazione solo in caso d’uso. In questo senso, stante il tenore della norma (che prevede l’applicazione di una pena pecuniaria nel caso in cui l’atto enunciato fosse originariamente soggetto a registrazione in termine fisso) secondo la Cassazione “deve ritenersi che l’enunciazione di un contratto verbale lo renda soggetto all’imposta di registro, anche laddove non vi ricadesse in base agli artt. 1 e 2” del TUR. Detto altrimenti, in caso di enunciazione sarebbero attratti a tassazione anche atti che, per loro natura, non presenterebbero i requisiti applicativi recati dagli artt. 1 e 2 del TUR, con conseguente ampliamento della platea degli atti soggetti a imposta di registro. Secondariamente la Corte si interroga circa la ricorrenza del secondo requisito (identità delle parti dell’atto enunciato e dell’atto enunciante) nel caso in cui il finanziamento soci sia stato enunciato nell’ambito di un verbale assembleare. Posto che la norma si riferisce espressamente alle parti intervenute nell'atto secondo la Cassazione “ai fini fiscali dell’enunciazione, non rilev[a] la parte in senso contrattuale, ma piuttosto il soggetto che ha partecipato ai due atti (enunciante ed enunciato: nella specie, finanziamento e deliberazione assembleare)” dovendosi, quindi, “interpretare il termine parti […] in senso a-tecnico” con la conseguenza che dovrà essere ritenuto integrato “il requisito dell’identità laddove nell’atto enunciante siano coinvolti o intervengano, anche con una veste diversa da quella di parte contrattuale, gli autori dell’atto enunciato”. Da ultimo la Corte vaglia la sussistenza del requisito di cui al predetto punto iii), ovverosia la permanenza degli effetti dei contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso. In primo luogo, precisa il Giudice delle leggi, non è in dubbio che il finanziamento enunciato sia stato il frutto di un contratto verbale non soggetto a registrazione in termine fisso ai sensi dell’art. 3 del TUR. Tale precisazione renderebbe de plano operativa la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 22 del TUR. Occorrerebbe pertanto valutare la permanenza degli effetti dell’atto enunciato al fine di affermarne o escluderne l’assoggettamento ad imposta. Sul punto la Corte rileva che “la convenzione enunciata (il finanziamento) ha cessato i suoi effetti a seguito della definitiva imputazione a capitale della somma già versata dal socio alla società, che ha mutato la causa della datio e che ha determinato l’estinzione […] dell’obbligo restitutorio della società nei confronti del socio, se non anteriormente, quantomeno contestualmente o in esecuzione dell’atto enunciante”. In tal senso gli effetti del contratto sarebbero venuti “meno con l’imputazione della somma a capitale, divenendo il danaro un conferimento societario” avvenuta per effetto dell’atto enunciante ovvero del verbale di assemblea. Conseguentemente troverebbe applicazione l’esclusione da imposta di registro di cui all’art. 22, c. 2 del TUR. La pronuncia segna un interessante approdo giurisprudenziale suscettibile di trovare applicazione in tutti quei casi in cui il finanziamento soci, il cui obbligo restitutorio venga rinunciato in assemblea dal socio creditore, tragga origine da un contratto verbale. G.P.