Corte di Giustizia: qualificazione come aiuto di stato di ruling in materia di transfer pricing

Nella valutazione della sussistenza di un aiuto di Stato, con riferimento ad un tax ruling in materia di prezzi di trasferimento occorre tenere in considerazione non già un principio generale di libera concorrenza quale emergente da prassi internazionali, bensì il modo con il quale tale principio è effettivamente applicato all’interno dello Stato membro. Ciò in quanto il settore delle imposte dirette non è materia armonizzata nell’Unione ed i Paesi membri sono quindi liberi di determinare in via discrezionale i metodi per il calcolo delle basi imponibili e degli utili delle società integrate in gruppi internazionali. Questo è il principio contenuto nella sentenza della Corte di Giustizia dell’UE (“CGUE”) resa a definizione della causa C-885/19 (Fiat Chrysler Finance Europe e Granducato di Lussemburgo c. Commissione).

Nel 2012 la Fiat Chrysler Finance Europe (“la ricorrente”), società avente sede in Lussemburgo che fornisce servizi di tesoreria e finanziamento alle società europee del gruppo, aveva stipulato con le autorità fiscali del Granducato un tax ruling (o “decisione anticipata”) con la quale venivano preventivamente approvati i prezzi di trasferimento relativi alle attività di finanziamento infragruppo. Il tax ruling trovava base giustificativa nelle apposite norme del codice delle imposte sui redditi lussemburghese, quali precisate da una circolare esplicativa che trattava, tra le altre cose, il caso specifico delle società di finanziamento. Le norme lussemburghesi escludono dal raffronto le attività connesse alla detenzione di partecipazioni (in altre parole escludono dai comparables le holding). Il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento era il TNMM (margine netto).

La Commissione aveva valutato se il contenuto del tax ruling potesse determinare la sussistenza di un aiuto di Stato. A tal fine, la Commissione aveva utilizzato lo stesso metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento fatto proprio dal ruling (il TNMM, vale a dire il metodo del margine netto). Tuttavia, non erano state applicate le norme lussemburghesi che prevedevano l’esclusione delle holding nei termini sopra descritti. La Commissione aveva riscontrato sostanziali antinomie con il risultato emergente dalla applicazione delle linee guida OCSE. Sulla base di ciò, la Commissione aveva ritenuto che il metodo di determinazione degli utili della ricorrente comportava una riduzione dell’imposta normalmente dovuta.

Nel corso del giudizio di primo grado, il Tribunale aveva avallato l’operato della Commissione.

Su ricorso congiunto di Fiat Chrysler Finance Europe, Lussemburgo e Irlanda (intervenuta adesivamente già in primo grado), la Corte di Giustizia, in qualità di giudice di seconda istanza, è stata chiamata a valutare se il Tribunale fosse incorso in un errore di diritto. Ciò in quanto, avallando l’operato della Commissione non aveva tenuto conto del principio di libera concorrenza quale concretamente declinato nel contesto normativo del Lussemburgo.

La Corte ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto. In particolare perché se è vero che il diritto nazionale applicabile alle società in Lussemburgo mira, in materia di tassazione delle società integrate in un gruppo, a pervenire a un’approssimazione affidabile del prezzo di mercato, resta il fatto che, in assenza di armonizzazione nel diritto dell’Unione, le modalità concrete dell’applicazione di tale principio sono definite dal diritto nazionale e devono essere prese in considerazione per individuare il sistema di riferimento ai fini della determinazione dell’esistenza di un vantaggio selettivo.

Come noto, infatti, nel valutare la sussistenza di un aiuto di stato ex art. 107, par. 1, TFUE occorre valutare la sussistenza di quattro requisiti: a) un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali; b) idonea ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri; c) un vantaggio selettivo a favore del suo beneficiario; d) in grado di falsare o minacciare di falsare la concorrenza.La selettività del vantaggio deve essere necessariamente valutata in relazione al sistema di riferimento da considerare. Ciò al fine di appurare se la misura contestata sia destinata a favorire talune imprese o produzioni a discapito delle altre che si trovino in una situazione materiale o giuridica analoga.

La Corte imputa appunto al Tribunale di aver fatto cattiva applicazione dell’art. 107, par. 1 TUIR, allorchè ha valutato la sussistenza di un aiuto di stato in un sistema di riferimento ipotetico e non ancorato al sistema normativo dello stato interessato. Infatti, “in assenza di armonizzazione al riguardo, l’eventuale fissazione dei metodi e dei criteri che consentono di determinare un risultato di «libera concorrenza» rientra nel potere discrezionale degli Stati membri”.

A.P.

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