Trattamento fiscale dei corrispettivi cross-border dovuti al produttore da parte del titolare del diritto di distribuzione esclusiva

10 Febbraio 2022
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Con la risposta ad interpello n. 22 del 13 gennaio 2022, l’Agenzia delle Entrate (“ADE”) ha affermato che gli emolumenti dovuti da un contribuente italiano ad una società residente all’estero per la distribuzione esclusiva di un prodotto commercializzato con marchio di quest’ultima non sono qualificabili come canoni. Essi costituiscono invece redditi d’impresa della percipiente, sottratti ad imposizione in Italia ove questa non abbia stabile organizzazione nel nostro Paese.

Nel caso prospettato all’Agenzia, l’istante Alfa è una società australiana operante nel settore farmacologico, priva di stabile organizzazione in Italia. Essa ha stipulato con Beta, società italiana, un contratto con cui concede a quest’ultima il diritto di distribuzione esclusiva di un nuovo farmaco nel mercato statunitense.

Il contratto prevede una serie di emolumenti a favore di Alfa, che si differenziano sia sotto il profilo dei presupposti della corresponsione sia sotto il profilo delle tempistiche. In particolare, oggetto dell’istanza di interpello sono:

  • I “milestone payments”, suddivisi a loro volta nelle seguenti componenti: i) una somma dovuta all’atto del rilascio, da parte della US Food & Drug Administration, dell’autorizzazione alla distribuzione e alla vendita del prodotto; ii) una serie di somme dovute al raggiungimento di relative soglie di prodotti venduti da Beta;
  • I “product supply payments”, dovuti in misura parametrata alla quantità di prodotti finiti realizzati da Alfa in ciascuna annualità di durata del rapporto di distribuzione esclusiva.

A fronte di tale assetto negoziale, l’istante intende conoscere il trattamento fiscale da applicare ai corrispettivi già percepiti e da percepire. Nello specifico viene chiesto all’ADE se i predetti corrispettivi:

i) siano configurabili come reddito d’impresa ai sensi dell’art. 23, c. 1, lett. e) del d.P.R. 917/1986 (“TUIR”) e dell’art. 7 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Australia (“Convenzione”); oppure se

ii) siano configurabili come corrispettivo per l’utilizzazione/sfruttamento di proprietà intellettuale (i.e. canoni) ai sensi dell’art. 23, c. 2, lett. c) del TUIR e dell’art. 12 della Convenzione.

L’inquadramento nell’una o nell’altra categoria reddituale determinerebbe l’imponibilità di questi emolumenti in Italia. Infatti, nel primo caso la potestà impositiva italiana è subordinata alla presenza di una stabile organizzazione in Italia del soggetto percettore; se invece si trattasse di canoni, occorrerebbe applicare sui corrispettivi la ritenuta a titolo di imposta prevista dall’art. 25, c. 4, del d.P.R. 600/1973 nella misura convenzionale del 10%.

La risposta offerta dall’ADE ai quesiti avanzati origina da una lettura testuale dell’art. 23, c. 2, lett. c) del TUIR. Dalla norma emerge che “per la qualificazione di corrispettivi come canoni (…) l'ordinamento interno presuppone che ricorra lo sfruttamento, a titolo oneroso, dei beni immateriali ivi indicati”. In questa prospettiva, l’Agenzia ritiene che la distribuzione di un prodotto “marchiato” non equivalga allo sfruttamento di un intangible; ciò anche in un caso, come quello trattato nella risposta, ove nonostante non sia prevista la concessione in uso di alcuna proprietà intellettuale è fatta “eccezione del diritto di utilizzare il marchio Kappa ai fini della vendita dei Prodotti che Beta acquista già confezionati”. Evidentemente (seppur implicitamente) l’ADE riconosce che l’utilizzo del marchio in tale contesto costituisca attività assorbita ed inscindibile rispetto all’oggetto principale del contratto, ossia la distribuzione. In ogni caso, non costituisce attività remunerata, essendo i corrispettivi dovuti principalmente per garantire a Beta il diritto di distribuzione in esclusiva nel territorio statunitense.

L’inquadramento dei corrispettivi negli utili di impresa della percipiente non residente è, a detta dell’ADE, ancor più evidente in riferimento ai product supply payments i quali rappresentano sostanzialmente “il prezzo del Prodotto che Beta acquista già confezionato e marchiato e senza diritti né di modifica (neppure nel package) né di produzione”.

Le conclusioni a cui è pervenuta l’ADE sono apprezzabili. Esse sono tratte sia da un’analisi puntuale della normativa interna quanto da una disamina finalistica dei corrispettivi oggetto dell’istanza. Nondimeno, a corroborare tali valutazioni vi è il paragrafo 10.1 del Commentario all'articolo 12 del Modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni (richiamato dagli istanti a proprio sostegno). In esso è espressamente affermato che “si esclude che configurino royalties i pagamenti effettuati solamente in ragione dell'ottenimento di un diritto di distribuzione esclusiva di un bene o di un servizio in un determinato territorio”.

A.P.

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