La Corte di cassazione, V Sezione Civile, con l’ordinanza del 16 settembre 2021, n. 25025 (Pres.: Sorrentino, Rel.: Crucitti), ha confermato uno dei principi cardine della disciplina del transfer pricing: nella fase di selezione del corretto set di comparables è necessario individuare soltanto soggetti indipendenti, cioè non facenti a loro volta parte di un gruppo multinazionale. Il caso La vicenda giudiziaria trae origine dalla notifica a una società italiana – appartenente a un gruppo multinazionale – di un avviso di accertamento, avente a oggetto un maggior reddito imponibile, ai fini IRES, IRAP e IVA, per il periodo d’imposta 2006. Nello specifico, il predetto accertamento era fondato su tre distinti rilievi: La società contribuente proponeva ricorso avverso tale atto impositivo. La Commissione tributaria provinciale di Milano (“C.T.P.”) in primo grado rigettava i motivi di ricorso. In appello, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (“C.T.R.”), con sentenza n. 83/13, depositata in data 10 luglio 2013, confermava integralmente la pronuncia della C.T.P.. Contro tale ultima sentenza, la società italiana proponeva ricorso per cassazione. Innanzitutto, la pronuncia della C.T.R. veniva contestata per avere i giudici dell’impugnazione avallato l’operato dell’Agenzia delle entrate (“Ufficio” o “Agenzia”) nell’individuazione del soggetto comparable. In particolare, il soggetto comparabile, “facente anch’ess[o] parte di un gruppo multinazionale, non poteva considerarsi un soggetto “indipendente” operante in un libero mercato”. Inoltre, la società contribuente, per quanto riguarda il rilievo relativo alla ripresa a tassazione delle royalties pagate per l’utilizzo di uno dei marchi del gruppo, lamentava il fatto che la C.T.R. non avesse preso in considerazione un aspetto fondamentale della vicenda e cioè che la medesima società “svolgeva anche attività di produzione di beni ai quali era stato apposto il marchio (…), con conseguente inerenza del costo relativo all'utilizzo del marchio in questione”. Infine, con una memoria successiva al deposito del ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, veniva eccepita l’esistenza di un giudicato esterno sulle questioni controverse, formatosi nelle more. Segnatamente, la ricorrente rilevava che era passata in giudicato una sentenza, resa della medesima C.T.R. tra le stesse parti – ma relativa al diverso periodo d’imposta 2010 – e che tale giudicato era estensibile al caso di specie. La stessa osservava che in detta sentenza “la C.T.R. lombarda [aveva] accertato l'illegittimità della comparazione dei prezzi in quanto effettuata con soggetto non indipendente”. La pronuncia La Corte di cassazione ha accolto l’ultimo motivo d’impugnazione proposto, riguardante la formazione del giudicato esterno. Nell’accogliere tale giudicato, la Suprema Corte ha avuto modo di farne propri i principi, confermando le statuizioni del giudice di merito circa l’illegittimità dell’individuazione del comparable e, di conseguenza, dell’analisi di comparabilità compiuta dall’Agenzia nel caso di specie. Come noto, nel transfer pricing l’analisi di comparabilità viene realizzata al precipuo scopo di valutare le modalità con le quali vengono effettuate le transazioni infragruppo oggetto di analisi e dimostrare, dunque, il rispetto del principio di libera concorrenza (arm’s lenght principle) delle condizioni e dei prezzi delle operazioni intercompany, tramite la comparazione con transizioni similari poste in essere da parti terze indipendenti. Il confronto può essere interno o esterno: nella prima ipotesi, la transazione potenzialmente comparabile è realizzata dalla società tested party (oppure dalla sua controparte nell’operazione intercompany oggetto dell’analisi) e una o più società indipendenti; nell’ipotesi di confronto esterno, invece, la transazione comparabile è effettuata sul libero mercato tra due soggetti terzi tra loro indipendenti. Le Linee Guida OCSE sui prezzi di trasferimento assegnano un ruolo centrale al criterio dell’indipendenza nella verifica del rispetto del principio di libera concorrenza. Il paragrafo 1.6 delle predette Linee Guida, difatti, afferma che “il principio di libera concorrenza adotta un approccio consistente nel trattare le entità di un gruppo multinazionale come se operassero quali entità separate e non come sottoinsiemi indissociabili di un singolo gruppo. Poiché, secondo l’approccio per entità separate, le entità di un gruppo multinazionale sono considerate come entità indipendenti, l’attenzione è focalizzata sulla natura delle transazioni poste in essere tra questi soggetti e sulla possibilità che le condizioni di tali transazioni differiscano dalle condizioni che si sarebbero verificate in transazioni comparabili tra parti indipendenti”. Inoltre, il successivo paragrafo 1.33 conferma che “[l]’applicazione e del principio di libera concorrenza (…) è basata sul confronto tra le condizioni di una transazione tra imprese associate e quelle che sarebbero state stabilite se le parti fossero state indipendenti e avessero dato vita ad una transazione comparabile in circostanze comparabili”. Nelle ridette Guidelines, tra l’altro, viene identificato un tipico processo di selezione dei soggetti comparabili. Nella prassi operativa, la prima fase dell’analisi di benchmark è dedicata all’identificazione di un primo set di entità potenzialmente comparabili alla tested party tramite l’impostazione sul database, della c.d. strategia di ricerca (search strategy) basata su alcuni criteri generali. Tra questi, rientra anche il criterio dell’indipendenza: vengono, difatti, sempre escluse le società facenti parte di un gruppo in quanto non rispettano il suddetto requisito dell’indipendenza. Alla luce di ciò, la Cassazione ha correttamente statuito e accertato che la società presa come comparable dall’Agenzia nell’analisi di comparabilità, “facendo anch'essa riferimento a politiche di prezzi di trasferimenti da parte del suo Gruppo, non [può] essere per definizione un "soggetto indipendente" con il quale effettuare la comparazione e che, pertanto, risulta del tutto arbitrario, nel confronto tra le due imprese, asserire che il prezzo praticato da una delle due è quello di mercato mentre l'altro non lo è.” Alla stessa conclusione si deve giungere anche con riferimento alla ripresa a tassazione delle royalties corrisposte dalla controllata italiana alla capogruppo francese per l’utilizzo di uno dei marchi di proprietà del gruppo. In conclusione, la Corte di cassazione ha avuto comunque modo di ribadire indirettamente un principio cardine della disciplina del transfer pricing, che permea l’intera fase di analisi di comparabilità: nella scelta dei soggetti comparabili è fondamentale prendere in considerazione solo e soltanto entità terze indipendenti, i.e. non facenti anch’esse parte di un gruppo multinazionale. Il confronto, utilizzando un’espressione diffusa in dottrina, deve essere effettuato con riferimento a dei comparables, non dei competitors. Ciò fa sì che, nella prassi, spesso la marginalità di un’operazione posta in essere da un importante gruppo multinazionale venga determinata in base al confronto con soggetti di modeste dimensioni. Si tratta di soggetti che spesso apparentemente nulla hanno da condividere con le imponenti strutture delle multinazionali oggetto di verifica. A ogni modo, tale modalità di confronto è necessaria affinché la redditività di un’operazione venga determinata a prescindere dalle sinergie derivanti dall’appartenenza a un gruppo multinazionale. R.C.