Nel caso di finanziamenti a medio e lungo termine erogati da soggetti esteri ad imprese italiane, non trova applicazione l’esenzione di cui all’art. 26, comma 5-bis, del D.P.R 29 settembre 1973, n. 600, laddove il “beneficiario” estero degli interessi non sia anche il “percipiente” diretto degli stessi. Tale assunto è stato ribadito dall’Agenzia delle entrate nell’ambito della risposta ad interpello n. 569 del 30 agosto 2021. Ai sensi dell’art. 26, comma 5-bis, del D.P.R. n. 600/1973 “la ritenuta di cui al comma 5 non si applica agli interessi e altri proventi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese erogati da […] investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, soggetti a forme di vigilanza nei paesi esteri nei quali sono istituiti”. L’esenzione in parola, introdotta dall’art. 22 del D.L. 24 giugno 2014, n. 91, al fine di agevolare le imprese residenti nell’accesso a canali di finanziamento esteri, trova pertanto applicazione al ricorrere di determinati presupposti. Da un punto di vista soggettivo, per quando qui d’interesse, il finanziatore deve poter essere qualificato come “investitore istituzionale estero” da intendersi come l’ente che, a prescindere dalla propria veste giuridica e dal relativo trattamento impositivo, “ha come oggetto della propria attività l’effettuazione e la gestione di investimenti per conto proprio o di terzi” (cfr. Agenzia delle entrate, circ. 1° marzo 2002, n. 23/E). Inoltre l’ente in questione deve essere soggetto alla vigilanza della competente autorità del Paese di istituzione ed essere costituito in Stati o territori che consentano un adeguato scambio di informazioni. Per quanto concerne i presupposti oggettivi dell’esenzione la norma è chiara nel limitarne l’ambito applicativo ai casi in cui il finanziamento: Nella fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Agenzia, la società istante (“Istante” o “Società”) è interamente partecipata da una holding di diritto lussemburghese (“Holding intermedia”), a sua volta detenuta da un fondo di investimento avente sede in Lussemburgo e ivi assoggettato a vigilanza da parte della competente autorità (“Fondo”). Con l’intento di dotare la Società dei fondi necessari alla realizzazione del proprio progetto imprenditoriale, il Fondo ha erogato un finanziamento alla Holding intermedia che, successivamente, ha utilizzato tale liquidità per finanziare la Società. Postulando che il Fondo fosse l’effettivo beneficiario, seppur indiretto, degli interessi rinvenienti dal finanziamento e che lo stesso potesse essere qualificato come “investitore istituzionale estero”, l’Istante riteneva che gli interessi corrisposti potessero godere dell’esenzione da ritenuta di cui all’art. 26, comma 5-bis, del D.P.R. n. 600/1973. In altri termini, secondo l’ipotesi interpretativa fatta propria dal contribuente, l’ambito applicativo dell’esenzione dovrebbe essere esteso alle fattispecie in cui, applicando l’approccio look through, l’effettivo beneficiario degli interessi potesse essere individuato in un investitore istituzionale estero, a prescindere dall’interposizione di soggetti meramente “passanti”. Diversamente da quanto argomentato dell’Istante, l’Agenzia delle entrate non ha ritenuto applicabile l’esenzione in parola alla fattispecie oggetto di interpello. Secondo l’impostazione (formalistica) accolta dall’Amministrazione finanziaria, pur potendosi qualificare il Fondo come investitore istituzionale estero, il presupposto soggettivo cui è subordinata la fruizione dell’esenzione risulterebbe integrato solo nel caso in cui il Fondo fosse il primo prenditore degli interessi. In questo senso, afferma l’Agenzia, non si potrebbe procedere “secondo la logica del beneficiario effettivo” come imporrebbe, in chiave sostanzialistica, l’approccio look through. Diversamente, assumerebbe rilievo il fatto che l’art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 600/1973, nel prevedere l’effettuazione della ritenuta, si riferisca al “percipiente” degli interessi di talché, appunto, ai fini della disapplicazione della ritenuta, occorrerebbe “avere riguardo esclusivamente al primo prenditore degli interessi”: il percipiente dunque. Tale argomentazione non appare però del tutto convincente, in quanto comporterebbe la frustrazione della ratio dell’esenzione – come detto, finalizzata ad agevolare le imprese residenti nell’ottenimento di finanziamenti attraverso canali diversi da quello bancario – in tutti quei casi in cui la struttura di un determinato gruppo o investimento presenti livelli intermedi di accentramento e gestione delle partecipazioni[1]. Ciò detto, è interessante notare come l’Agenzia argomenti l’impossibilità di reductio ad unum delle due operazioni di finanziamento anche sulla base del fatto che, in concreto, i contratti di finanziamento Fondo – Holding intermedia, Holding intermedia – Società, “presentano condizioni contrattuali diverse”, soprattutto per quanto concerne la quantificazione del tasso di interesse applicato. In questo senso occorre evidenziare come, diversamente da quanto precedentemente argomentato nell’ambito della richiamata risoluzione del 12 agosto 2019, n. 76/E, nel caso oggetto di attenzione l’Agenzia abbia espressamente analizzato le concrete condizioni contrattuali che caratterizzano i due finanziamenti traendo dal differente tasso di interesse pattuito un elemento a sostegno della propria argomentazione. Tale indagine fattuale – che da un lato potrebbe far pensare ad una sorta di apertura verso un’interpretazione maggiormente sostanzialistica del fenomeno – appare tuttavia finalizzata a screditare, ad abundantiam, la soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. Pertanto, richiamando quanto già precedentemente espresso sul punto nell’ambito della risoluzione del 12 agosto 2019, n. 76/E, l’Agenzia conferma l’inapplicabilità, ai fini della fruizione dell’esenzione recata dall’art. 26, comma 5-bis, del D.P.R. n. 600/1973, dell’approccio look through e del principio del beneficiario effettivo nell’ambito di operazioni di finanziamento a medio e lungo termine attuate da fondi esteri tramite l’interposizione di una holding intermedia. [1] Si pensi in questo senso alle holding regionali istituite dai fondi di investimento per la gestione delle partecipazioni in società residenti in diversi Paesi della medesima area geografica. In tale eventualità è ben possibile che il fondo eroghi un finanziamento alla holding che si occuperà poi di ripartire “a pioggia” il capitale tra le varie controllate.