Abstract Con la sentenza del 27 luglio 2021, n. 21414, la Corte di Cassazione ribadisce il proprio consolidato orientamento per cui l’omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, a cura della segreteria della Commissione Tributaria Regionale, costituisce causa di nullità della sentenza emessa in grado di appello, a cui consegue la rimessione della causa al giudice di merito *** Il caso La questione sottoposta ai giudici di legittimità atteneva all’impugnazione della sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale (“CTR”) della Puglia, che analogamente a quanto deciso dai giudici di prime cure, aveva confermato la legittimità dell’accertamento subito dal ricorrente ai fini IRPEF, IVA e IRAP. Quest’ultimo aveva quindi promosso ricorso per cassazione, denunciando la nullità del procedimento e della sentenza emessa dalla CTR a causa dell’omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione. Il contribuente deduceva quindi la violazione dell’art. 31 del d.lgs. 546/92 (relativo al termine di trenta giorni, precedenti all’udienza, per la notifica dell’avviso di trattazione, a cura della segreteria della Commissione Tributaria) e dell’art. 61 del medesimo decreto (il quale estende l’applicabilità delle norme previste per il giudizio di primo grado al procedimento svolto innanzi alla CTR). La Suprema Corte, nell’esercizio dei poteri istruttori riconosciutile dall’art. 372 c.p.c.[1], aveva disposto l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del doppio grado di merito, allo scopo di verificare se effettivamente fosse stata omessa la notificazione de qua. All’esito di tale produzione documentale, veniva riscontrata una copia fotostatica – peraltro parziale, giacchè relativa ad un solo lato – dell’avviso di ricevimento, asseritamente riferito alla raccomandata A/R spedita dalla segreteria della CTR contenente l’avviso di trattazione, che recava una sottoscrizione riconducibile, a parere dell’Ufficio, al difensore del ricorrente. Nondimeno, nel fascicolo d’ufficio non si riscontrava l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione. La pronuncia Con riguardo ai nuovi documenti acquisiti al processo, il contribuente, con memoria depositata nei termini ex art. 378 c.p.c., ne eccepiva l’inammissibilità, deducendone la tardività nonché l’inidoneità a supplire al mancato rinvenimento nel fascicolo d’ufficio dell’avviso di fissazione dell’udienza in appello. Inoltre, disconosceva espressamente la conformità della copia dell’avviso di trattazione, prodotto in atti, al relativo originale, sulla base delle previsioni di cui agli artt. 2719 c.c. e 215 c.p.c.[2] Infine, il ricorrente contestava la stessa autenticità della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, apparentemente riconducibile al suo difensore, rilevandone la palese difformità rispetto a quella apposta su altri atti del procedimento (ricorso di primo grado e procura alle liti). Quanto al primo rilievo di inammissibilità della nuova documentazione prodotta, la Corte respingeva la tesi del contribuente, affermando che, in linea con quanto disposto dall’art. 372 c.p.c., la produzione de qua era giustificata dalla necessità di replicare in ordine alla dedotta nullità della sentenza impugnata per vizio del procedimento, non potendo la Suprema Corte esprimersi sulla specifica doglianza in assenza di tali riscontri. Quanto alla questione relativa alla nullità della sentenza, la Corte riconosceva che, in ossequio al canone di specificità del disconoscimento richiesto dall’art. 2719 c.c., il contribuente opportunamente aveva rilevato come la copia fotostatica dell’avviso di ricevimento fosse parziale, essendo stato il documento riprodotto solo su un lato, e non risultando l’indicazione dell’anno di riferimento né la data della sottoscrizione, ricondotta dall’Ufficio, al difensore del ricorrente. Questa circostanza, unitamente al rilievo di difformità della sottoscrizione apposta sugli atti richiamati conduceva la Corte a ritenere che, ai fini della decisione, non potesse utilizzarsi la predetta copia fotostatica, in quanto priva di ogni efficacia probatoria. Richiamando quindi il principio di diritto, espresso in precedenti arresti[3], per cui “nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. 546/92, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall’art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicchè l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata”, i giudici di legittimità accoglievano il ricorso del contribuente, cassando la sentenza impugnata e rimettendo la causa alla CTR della Puglia, in diversa composizione, ai fini dell’esame del merito. La sentenza in commento si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato che ha riconosciuto l’applicazione della sanzione di nullità del procedimento (e della conseguente sentenza), in casi di omessa, irrituale od intempestiva comunicazione dell’avviso di trattazione, anche in assenza di un’espressa comminatoria di nullità ad opera dell’art. 31 del d.lgs. 546/92[4]. La giurisprudenza è altrettanto concorde sul fatto che, rispetto ad una tale evenienza, siano comunque applicabili i principi che regolano la sanatoria delle nullità degli atti processuali civili ed in particolare quello disposto dall’art. 156, c. 3, c.p.c. per cui la nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. A.P. [1] Norma che, in deroga alla preclusione di istruzione probatoria nel giudizio di Cassazione, consente la produzione dei soli atti e documenti che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso e del controricorso, previa notifica degli stessi alla controparte. [2] Il combinato disposto di queste norme permette alla parte, contro la quale è opposta la copia fotografica di una scrittura, di inficiarne l’efficacia probatoria attraverso il disconoscimento. Quest’ultimo deve essere fatto “in modo formale e specifico, con una dichiarazione che contenga una inequivoca negazione della genuinità della copia, con indicazione puntuale dei motivi” (cfr. Cass. civ., sez. I, 15 ottobre 2014, n. 21842). [3] Cfr. Cass. civ., sez. V-VI, ord. 1 luglio 2018, n. 18279 e, più recentemente, Cass. civ., sez. V, ord. 24 febbraio 2021, n. 4976. [4] In deroga, quindi, al principio di c.d. tassatività delle nullità degli atti processuali di cui all’art. 156, c. 1, c.p.c.