Il contribuente che si qualifichi come Non-Domiciled Resident nel Regno Unito non gode dei benefici recati dalla Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Regno Unito. È quanto affermato dalla Suprema Corte nell’ambito della Sent. 15 luglio 2021, n. 20140. La questione in esame si colloca nell’ambito di una complessa vicenda processuale. Il contribuente veniva raggiunto da un avviso di accertamento basato, tra le altre cose, sul disconoscimento della residenza inglese e sull’affermazione di quella italiana. Il contribuente censurava in sede di ricorso al Giudice di legittimità la mancata applicazione dei criteri convenzionali di risoluzione dei casi di dual tax residency. Tali criteri, noti come tie breaker rules sono elencati in via gerarchica della Convenzione in vigore tra Italia e Regno Unito (“Convenzione” o “Trattato”). Disposizione analoga è contenuta nell’art. 4 della maggior parte convenzioni contro le doppie imposizioni ispirate all’OECD Model Tax Convention. Le tie breaker rules operano nei casi in cui entrambi gli Stati contraenti considerino attratta nel proprio territorio la residenza fiscale del contraente. Ai sensi del citato articolo 4, infatti, tale impostazione trova concreta applicazione solo nel caso in cui il contribuente sia considerato contemporaneamente residente in entrambi gli Stati contraenti in virtù del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione effettiva o di altro criterio di natura analoga. La norma in esame precisa altresì che “tale espressione [persona residente] non comprende le persone che sono imponibili in questo Stato contraente soltanto per i redditi provenienti da fonti ivi situate”. Tale clausola di riserva appare chiaramente conforme rispetto alla finalità della Convenzione. Se un determinato soggetto è assoggettato ad imposta solo con riferimento ai redditi prodotti nel territorio dello Stato di residenza, infatti, non si pongono problemi legati all’esercizio di una potestà impositiva concorrente da parte di due Stati. La tassazione di tali redditi di fonte estera nello Stato di residenza non genererà, quindi, alcun fenomeno di doppia imposizione. Il regime del resident non-domiciled previsto dall’ordinamento britannico comporta l’assoggettamento ad imposta nel Regno Unito dei soli redditi ivi prodotti e non già di quelli di fonte estera (che saranno soggetti a tassazione solo nel caso in cui siano rimessi in UK, cd. remittance). Sulla base di tale considerazione, la Corte di Cassazione giunge ad affermare che laddove il contribuente risultasse effettivamente iscritto come res non-dom lo stesso non potrebbe essere qualificato come “persona residente” e, pertanto, godere dei benefici e delle disposizioni convenzionali. Evidentemente la Corte di Cassazione non ha ritenuto che la tassazione delle remittance, meramente eventuale, rappresenti una forma di assoggettamento a tassazione per i redditi esteri tale da permettere al contribuente di accedere ai benefici convenzionali. In ogni caso, non sembra che tale conclusione possa trovare applicazione con riferimento al regime italiano dei cd. “neo-residenti” che, come noto, comporta la tassazione dei beneficiari secondo i criteri ordinari per i redditi prodotti in Italia e su base forfettaria per i redditi esteri. Seppur con criteri parzialmente forfettari, infatti, il regime in questione comporta pur sempre l’assoggettamento a tassazione del contribuente per i redditi ovunque prodotti. Tale circostanza, secondo anche quanto statuito dall’Agenzia delle entrate (cfr. circolare 23 maggio 2017, n. 17/E), giustificherebbe l’applicazione dei benefici convenzionali anche nei confronti del contribuente che aderisca al menzionato regime opzionale. GP