La giurisdizione sui vizi dell’atto di recupero del credito tributario nell’ambito degli accordi internazionali contro le doppie imposizioni - Commento a Cass. civ., Sez. V, ordinanza 24 maggio 2021, n. 14155

11 Giugno 2021

Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al riparto di giurisdizione tra giudice italiano e giudice straniero, relativamente all’impugnazione dell’atto con il quale il concessionario della riscossione ha richiesto il pagamento del tributo dovuto in uno Stato, con il quale l’Italia ha stipulato una convenzione per evitare le doppie imposizioni.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di mora, ad opera del concessionario italiano, per un presunto debito gravante sul contribuente nei confronti del fisco belga. L’atto era stato emesso in forza dell’art. 27 della Convenzione tra la Repubblica Italiana e il Regno del Belgio per evitare le doppie imposizioni e per prevenire la frode e l’evasione fiscale in materia di imposte sul reddito, ratificata con Legge 3 aprile 1989, n. 148 (“Convenzione”). Tale norma prescrive, infatti, che “su richiesta dell’autorità competente di uno Stato contraente, l’autorità competente dell’altro Stato contraente assicura, secondo le disposizioni legali e regolamentari applicabili alla notifica ed alla riscossione di dette imposte di quest’ultimo Stato, la notifica e la riscossione dei crediti fiscali (…) che siano esigibili nel primo Stato. (…) Le richieste (…) sono avvalorate da una copia ufficiale dei titoli esecutivi”. Il contenzioso che seguiva la relativa impugnazione si concludeva, nelle fasi di merito, con la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice italiano, a favore di quello belga, in relazione ai motivi di ricorso formulati dal contribuente. Quest’ultimo proponeva, quindi, ricorso per cassazione con il quale deduceva, ex art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c., la sussistenza della giurisdizione italiana in conformità all’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, giacché, a parer suo, il ricorso afferiva a vizi propri dell’atto impugnato.

Il ricorrente, infatti, in primo luogo sosteneva che l’atto emesso dal concessionario fosse illegittimo perché fondato su un credito inesistente – o, al più, prescritto; inoltre, deduceva l’illegittimità dell’atto impugnato per omessa previa notifica del titolo esecutivo da parte dell’Amministrazione finanziaria belga, in violazione di quanto prescritto dall’art. 27 citato; infine, denunciava la sussistenza di un vizio di motivazione dell’atto impugnato, tale da non consentire di comprendere le ragioni poste a base della pretesa azionata.

Investiti della questione, i giudici di legittimità formano il proprio convincimento traendo le mosse dalla precedente giurisprudenza intervenuta sul tema, con particolare riguardo alla disciplina regolante l’assistenza tra Italia e Germania in materia di riscossione dei debiti tributari.

Alla luce dei precedenti arresti, la Corte afferma che, quando perviene una richiesta di assistenza in forza delle convenzioni stipulate dall’Italia con altri Stati dell’Unione Europea, le controversie eventualmente sorte sono da devolvere alla giurisdizione dello Stato richiedente “ove le contestazioni riguardino il credito od il titolo esecutivo”; al contrario, appartengono alla giurisdizione dello Stato destinatario le controversie vertenti sugli atti dell’esecuzione nonché sull’idoneità del titolo esecutivo a sostenere tali atti, “in particolare la sua idoneità a dar corso alla richiesta di assistenza avanzata”.

A fronte di tale assunto, la Corte ritiene che, tra le doglianze formulate, soltanto quella relativa al vizio di motivazione dell’avviso di mora appartenga alla giurisdizione del giudice italiano, in quanto costituente atto esecutivo. Nondimeno, sotto questo profilo, i giudici di legittimità ritengono che il ricorso sia da considerarsi inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza, non avendo il ricorrente riprodotto il contenuto dell’avviso di mora contestato.

Quanto, invece, all’omessa notifica della copia ufficiale dei titoli esecutivi – in supposta violazione di quanto prescritto dall’art. 27 della Convenzione – la Corte ritiene che tale doglianza, alla stregua delle rimanenti, sia “diretta a mettere in discussione il credito medesimo” e in quanto tale sia esclusa dalla giurisdizione italiana. Infatti, la prescrizione de qua deve intendersi avente valenza meramente procedimentale, in quanto riferita alla documentazione che lo Stato richiedente deve allegare alla richiesta di assistenza, non implicando che lo Stato italiano debba a sua volta allegare il titolo esecutivo all’atto di recupero – giacché niente, a tal proposito, è previsto nella Convenzione.

Riguardo a tale profilo, la tesi della Corte appare certamente coerente con un’interpretazione letterale della Convenzione. Nondimeno, se è vero che il dettato normativo di quest’ultima non contempla la previa notifica del titolo esecutivo, non può negarsi che tale circostanza determini un inspiegabile vulnus di tutela per il contribuente esecutato alla luce dei principi generali dell’ordinamento italiano. Infatti, contrariamente all’opinione dei giudici, la censura finalizzata a far valere l’omessa notifica del titolo esecutivo non afferisce in alcun modo alla contestazione del credito. Essa attiene invece alla ritualità della procedura esecutiva; ne costituisce conferma la circostanza per cui la stessa Corte di Cassazione ha confermato in più occasioni l’esperibilità dell’opposizione agli atti esecutivi in ipotesi di omessa notifica della cartella di pagamento, atto che riassume in sé le funzioni che, nel diritto processuale civile, sono proprie del titolo esecutivo e del precetto. Assumendo quest’impostazione, a nulla rileva il fatto che la Convenzione non preveda una previa notificazione del titolo esecutivo; occorre piuttosto valorizzare la prescrizione, pur presente all’interno dell’art. 27 medesimo, per cui la notifica e la riscossione dei crediti fiscali dello Stato richiedente deve avvenire in conformità alle “disposizioni legali e regolamentari applicabili alla notifica e alla riscossione” delle imposte dello Stato destinatario della richiesta.

AP

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