L’Agenzia delle Entrate, nel principio di diritto del 9 aprile 2021 n. 6, fornisce un importante chiarimento in merito alle modalità di applicazione dell’art. 26, c. 5-bis, del DPR n. 600/1973. In particolare, l’ AdE conferma l’applicabilità dell’esenzione ivi prevista agli interessi su finanziamenti a medio-lungo termine, corrisposti a banche stabilite nel Regno Unito, nel corso del cd. “periodo transitorio”, precedente all’uscita del Regno Unito dall’UE. Come noto, tale periodo transitorio termina il 31 dicembre 2020. Come evidenziato dall’ AdE, infatti, durante il periodo transitorio continua a trovare applicazione il diritto dell’UE (artt. 126 e 127 dell’Accordo del 31 dicembre 2019, ratificato dal Consiglio della UE il 30 gennaio 2020). Nell’ambito dei "principi generali" del diritto unionale, assume in particolare rilievo il "principio di non discriminazione" ex art. 18 del TFUE. In base a tale norma, "[n]el campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità". In particolare, costituisce "discriminazione orizzontale" qualunque discriminazione tra soggetti non residenti che porti a "favorire senza giustificazione i cittadini di taluni Stati membri rispetto ad altri" (CGUE, 24 febbraio 2015, causa C-512/13).Tale principio è riferito testualmente alle sole persone fisiche. Ad ogni modo, lo stesso deve ritenersi applicabile anche alle società (CGUE, 16 aprile 2015, causa C-591/13). Alla luce di quanto sopra, secondo l’ AdE, ai fini dell'applicazione dell'articolo 26, comma 5-bis, del DPR n. 600/1973, il Regno Unito deve essere considerato, per tutto il cd. “periodo transitorio”, ancora ricompreso nel territorio UE. La mancata applicazione di tale norma nei confronti del Regno Unito, nel corso del periodo transitorio, determinerebbe, quindi, una violazione delle libertà fondamentali del TFUE. Si genererebbe una “discriminazione orizzontale” tra soggetti destinatari delle medesime libertà. L’AdE fa in particolare riferimento ad una possibile violazione libera prestazione di servizi ex articolo 56 del TFUE e libera circolazione di capitali ex articolo 63 del TFUE. L’argomentazione svolta e le conclusioni raggiunte dall’ AdE sono assolutamente condivisibili. Restano tuttavia aperte alcune questioni in merito all’applicabilità della norma in esame successivamente al periodo transitorio. Un primo tema attiene all’applicabilità dell’art. 26, c. 5-bis, del DPR n. 600/1973 alle banche situate nel Regno Unito successivamente al decorso del periodo transitorio. Il tema si ricollega alla questione più generale relativa all’applicabilità dell’esenzione agli enti creditizi extra UE. La tematica si era posta in passato con riferimento, in particolare, agli enti creditizi statunitensi. La questione non è stata ad oggi risolta dall’AdE. In dottrina, si rilevano posizioni antitetiche. Si rammenta al riguardo che l’esenzione di cui alla norma in esame trova applicazione, inter alia, sia con riferimento alle banche UE, sia con riferimento agli “investitori istituzionali esteri”, localizzati in Stati che garantiscono un adeguato scambio di informazioni. Secondo alcuni, gli istituti di credito non UE sarebbero ab origine esclusi dall’ambito applicativo della norma (la quale fa esplicito riferimento agli enti creditizi UE). Secondo altri, gli enti creditizi extra UE potrebbero essere ricompresi tra gli investitori istituzionali esteri. È stato anche sostenuto che la mancata ricomprensione di tali soggetti nell’ambito applicativo della norma determinerebbe una restrizione della libertà di circolazione dei capitali, ex art. 63 TFUE, garantita, come noto, anche ai soggetti non UE. In tale scenario, l’esenzione da ritenuta dovrebbe essere garantita anche agli enti creditizi extra UE (compresi quelli del Regno Unito). Ciò al fine di evitare una discriminazione alla libertà di circolazione dei capitali. Il riferimento, nel principio di diritto in esame, alla libertà di circolazione dei capitali potrebbe peraltro indirettamente confermare tale conclusione. Contro tale conclusione, in dottrina è stato tuttavia in passato evidenziato che la ritenuta ex art. 26 del DPR n. 600/1973 è stata introdotta precedentemente al 1993. In base alla clausola di cd. “standstill” ex art. 64 del TFUE, l’eventuale discriminazione potrebbe dunque rimanere in vigore. Peraltro, laddove il legislatore italiano, con la norma in esame, avesse voluto eliminare una discriminazione alla libertà di circolazione dei capitali non avrebbe limitato l’ambito applicativo della norma alle imprese UE. Una seconda questione attiene ai finanziamenti erogati da una stabile organizzazione localizzata in un Paese della UE di un ente creditizio ubicato nel Regno Unito. La norma, come detto, fa riferimento a “enti creditizi stabiliti negli Stati membri dell’Unione Europea”. Il riferimento, quindi, non è alla sede legale dell’ente ma al luogo di stabilimento, anche per il tramite di una succursale. Pertanto, è ragionevole ritenere che la parola “stabiliti” richiami anche la nozione di stabile organizzazione. L’esenzione in esame dovrebbe dunque spettare anche agli enti creditizi residenti in Stati extra UE, ma aventi stabile organizzazione negli Stati membri dell’Unione. La medesima questione si pone, specularmente, per i finanziamenti erogati da branch UE di una banca residente nel Regno Unito. In tale ipotesi, la dottrina tende ad escludere l’applicabilità della norma in esame. Per completezza, l’uscita del Regno Unito dall’UE potrebbe riverberare importanti ripercussioni sulle compagnie di assicurazioni inglesi. L’esenzione infatti spetta solamente alle “imprese di assicurazione costituite e autorizzate ai sensi di normative emanate da Stati membri dell’Unione europea”. In primo luogo, si pone il problema di stabilire se possa considerarsi tale una impresa di assicurazione “costituita e autorizzata” in base alla normativa del Regno Unito, quando quest’ultimo era ancora parte dell’Unione Europea. Anche sul punto sarebbe opportuno un chiarimento. Inoltre, ipotizzando l’esclusione delle imprese di assicurazione del Regno Unito, occorrerebbe in ogni caso stabilire se la norma possa trovare applicazione con riferimento alle imprese di assicurazione inglesi stabilite nell’UE. Il tenore letterale della norma sembra deporre contro tale conclusione. In ogni caso, sempre sulla base del tenore letterale della norma, l’esenzione dovrebbe invece trovare applicazione per le imprese di assicurazione costituite nell’UE, ma stabilite nel Regno Unito. FN