L’Agenzia delle Entrate, con provvedimento 23 novembre 2020, prot. 0360494 (“Provvedimento”), ha aggiornato le proprie indicazioni in merito alla c.d. “TP DOC”. Trattasi, come noto, della documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza (“arm’s lenght principle”) dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali, ai sensi dell’articolo 110, comma 7, del TUIR. Tale set documentale è composto, in estrema sintesi, da a) Masterfile, che contiene le informazioni relative al gruppo multinazionale nel suo complesso; e b) Country File, che invece raccoglie le informazioni riguardanti le operazioni infragruppo dell’impresa residente o stabilita nel territorio dello Stato. L’importanza della TP DOC risiede nella c.d. “penalty protection” di cui agli articoli 1, comma 6, e 2, comma 4-ter, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. In base a tali norme, in caso di rettifica delle condizioni e dei prezzi di trasferimento, la sanzione non viene applicata se il contribuente consegna ai verificatori il suddetto set documentale, redatto in conformità alle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria. In primo luogo, il Provvedimento introduce alcune modifiche più o meno rilevanti sia alla struttura, sia al contenuto dei vari capitoli inclusi nella TP DOC. Per entrambi i documenti è stato previsto un incremento significativo delle informazioni che devono essere oggetto di reporting, con un focus particolare sulle attività e sulle operazioni finanziarie intraprese dal gruppo e dalla singola impresa. Una ulteriore novità di rilievo consiste nel fatto che tutte le entità locali, destinatarie della disciplina, devono predisporre e presentare in Italia sia il Masterfile, sia il Country File. In precedenza, infatti, tale onere sussisteva soltanto a fronte della qualifica dell’entità stessa come holding o sub-holding. Inoltre, viene riconosciuta la possibilità di presentare uno o, in alternativa, più Masterfile relativi alle diverse attività svolte dal gruppo e alle diverse TP policies. Viene lasciata al contribuente anche la possibilità di circoscrivere il perimetro delle operazioni da indicare nella documentazione. In tale ipotesi, tuttavia, il beneficio previsto dal regime premiale di tutela sanzionatoria sarà limitato alla parte di operazioni ivi descritte, per le quali viene accertata l’idoneità delle informazioni riportate. Non rilevano, peraltro, eventuali omissioni o inesattezze parziali, non suscettibili di compromettere le attività di controllo (c.d. “idoneità rafforzata”). È esclusa, invece, la possibilità di limitare il contenuto del Masterfile alle informazioni relative al perimetro del sotto-gruppo al cui vertice è posta la sub-holding residente in Italia. Il Masterfile può essere redatto in lingua inglese, mentre il Country File deve essere necessariamente predisposto in lingua italiana. Altra novità rilevante è quella rappresentata dall’obbligo di firma digitale con marca temporale dell’intero set documentale. È necessario, dunque, che la documentazione venga predisposta in formato digitale e che sia sottoscritta dal legale rappresentante della società o da un suo delegato. Ad essa deve poi essere apposta la predetta marca temporale entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno di competenza. La marca temporale conferisce certezza sia in ordine alla data di redazione del singolo documento, sia in ordine alla sua immodificabilità. Infatti, una volta apposta la firma digitale con marca temporale, il documento non può più essere modificato. L’unica circostanza in cui viene prevista l’opportunità di un’integrazione o di una modifica della TP DOC è quella relativa alla presentazione di una dichiarazione integrativa c.d. “a sfavore”. Inoltre, se la marca temporale in oggetto non viene apposta correttamente, la documentazione non è idonea ad attivare la penalty protection. Dubbi sorgono sulla compatibilità di questa nuova disposizione con le indicazioni fornite in sede OCSE. Infatti nelle Transfer Pricing Guidelines non vi è traccia di una simile previsione, ma è stato semplicemente confermato l’onere dell’impresa di rispondere tempestivamente alla richiesta dei verificatori. Ci si potrebbe, inoltre, chiedere se tale previsione sia compatibile con la stessa normativa interna. Invero, una novità introdotta dal Provvedimento è quella relativa all’estensione dei termini previsti per rispondere alla richiesta di esibizione della documentazione da parte dell’Amministrazione finanziaria (non più dieci ma venti giorni). In tale contesto, appare difficile comprendere la ratio di tale estensione dei termini, laddove, una volta apposta la marca temporale, il contribuente non potesse rivedere o modificare la TP DOC. Sono state, poi, riviste le soglie quantitative per qualificare le società come “piccole e medie imprese”. Al riguardo, si considerano tali tutte le imprese con un volume d’affari o di ricavi inferiore a 50 milioni di euro. Dette imprese hanno accesso a un regime semplificato che consente loro di predisporre una documentazione con validità triennale. Esse possono evitare così di aggiornare annualmente i capitoli relativi alle transazioni infragruppo, a condizione che l’analisi di comparabilità si fondi su dati forniti da fonti pubblicamente disponibili e in assenza di modifiche significative tra un periodo d’imposta e l’altro. L’ultima modifica che merita di essere riferita è quella riguardante il c.d. “approccio semplificato”. È stato, difatti, previsto un regime forfetario per i servizi c.d. “a basso valore aggiunto”. Si tratta di tutti quei servizi di supporto resi all’interno del gruppo, estranei all’attività principale del soggetto che li presta, che non comportano rischi significativi e che non richiedono l’uso di beni immateriali (e.g. servizi legali, risorse umane, ecc.). In relazione a questi servizi, è previsto un c.d. “safe harbour” consistente in un mark-up del 5% sul totale aggregato dei costi diretti e indiretti a essi relativi. RC